Episodio 3


L’evoluzione del lusso nel corso dei secoli: da ostentazione a soggettivizzazione



In passato, la definizione di lusso era ampiamente incentrata sulla ricerca di beni materiali costosi e prestigiosi. Questa prospettiva era radicata in una società che attribuiva un'enorme importanza alla dimostrazione del proprio status sociale attraverso il possesso di oggetti di grande valore. La ricerca dei beni di lusso era guidata da una mentalità che poneva l'accento sulla visibilità, sull'ostentazione e sulla competizione sociale.

Il motivo di tale ricerca passata dei beni di lusso risiedeva nella concezione tradizionale del prestigio, secondo la quale il possesso di oggetti costosi serviva a distinguere le élite sociali dai ceti inferiori. Il lusso era considerato un simbolo di status e potere, e la ricerca di beni di lusso rappresentava un modo per affermare la propria posizione all'interno della gerarchia sociale.


L’indagine di Sombart sul manifestarsi delle prime forme del lusso in senso materialistico, conduce a una riflessione che trova il suo nucleo essenziale nelle corti principesche del passato. Egli osserva come queste ultime costituissero non solo il teatro ideale per la definizione del lusso, ma anche un fertile terreno per la sua diffusione e affermazione sociale. Tale fenomeno è strettamente connesso, da un lato, allo sviluppo dello stato moderno, in cui la corte principesca emerge come espressione necessaria dell’assolutismo e, dall’altro, alla concentrazione di grandi patrimoni privati e alla formazione di imponenti centri urbani, luoghi densi di ricchezza e catalizzatori del progresso economico.


Le corti principesche, infatti, non erano solo luoghi chiusi e autoreferenziali; al contrario, esse influenzavano profondamente i modelli comportamentali e il gusto estetico delle classi sociali emergenti. Questa influenza non restò confinata all’aristocrazia, ma si estese anche alla borghesia, che, tra il XIV e il XVIII secolo, consolidò un crescente benessere economico. L’accumulo di ricchezze e la loro ostentazione divennero così le basi di un fenomeno che si sviluppò in parallelo all’affermazione del lusso, dando origine a una sinergia complessa e multidimensionale.


Sombart sottolinea, però, un aspetto cruciale: la secolarizzazione e la diffusione del lusso non avrebbero raggiunto proporzioni così straordinarie in tempi tanto rapidi senza l’ascesa di un’altra forza sociale determinante. I “nuovi ricchi” rappresentavano una categoria sociale peculiare che, emergendo con prepotenza, esacerbò il bisogno di beni di lusso e amplificò il desiderio di piaceri mondani, frivolezza e opulenza. Questo bisogno, non si limitò a trasformare lo stile di vita di questa classe emergente, ma esercitò un influsso profondo anche sulle famiglie nobiliari tradizionali.


Contrariamente alla credenza diffusa che vede i “nuovi ricchi” come semplici imitatori dei costumi aristocratici, Sombart mette in evidenza un meccanismo più complesso e, in certa misura, paradossale. L’aristocrazia, pur essendo tradizionalmente considerata il modello del lusso da seguire ed emulare, finì per essere a sua volta influenzata dai “nuovi ricchi”, adottando la loro visione materialistica e ostentatoria del benessere. La frenesia godereccia che caratterizzò l’alta società tra il XVI e il XVII secolo, infatti, non si limitò a coinvolgere esclusivamente l’aristocrazia tradizionale, ma si estese con veemenza anche alla nuova nobiltà e all’alta finanza, instaurando un circolo vizioso che dissolse progressivamente le distinzioni nette tra questi gruppi sociali. Questa commistione, frutto di influenze reciproche e di una crescente omogeneità nei modelli di consumo e nelle ambizioni ostentatorie, gettò le fondamenta per quella che oggi si presenta come una confusione strutturale tra le élite economiche e le élite culturali, due categorie ormai spesso sovrapposte nella percezione comune e nelle dinamiche sociali contemporanee.


Tale processo di osmosi culturale e sociale portò a una progressiva convergenza degli stili di vita. I “nuovi ricchi” desideravano ardentemente replicare lo stile fastoso delle corti principesche, facendo del lusso un segno distintivo e un veicolo di legittimazione sociale. Parallelamente, le famiglie nobili, attratte dalla vitalità e dalla sfrenatezza della borghesia emergente, adottarono a loro volta i modelli di consumo vistoso tipici di questa nuova classe.



A partire da diversi decenni fa, si è assistito a una metamorfosi del lusso: si è passati dalla mera ostentazione fine a sé stessa all’entrata in scena della soggettivizzazione del lusso.

Nella celebre piramide dei bisogni di Maslow, i bisogni umani sono organizzati secondo una gerarchia che vede alla base le necessità fondamentali e urgenti, come quelle fisiologiche o di sussistenza, seguite dai bisogni di protezione e sicurezza, dai bisogni sociali (ad esempio amore e senso di appartenenza), dai bisogni di stima e autostima, legati a status e prestigio, fino a culminare nei bisogni di autorealizzazione. Escludendo i bisogni primari alla base della piramide, il lusso appare in grado di soddisfare tutte le altre categorie, andando ben oltre la semplice funzione di attestare uno status sociale elevato.


Il lusso, infatti, non si limita a essere un mero segno di riconoscimento sociale, sebbene questa dimensione rimanga fondamentale. Il riconoscimento sociale, da diversi decenni, sta passando dall’essere di primaria importanza all’essere subordinato rispetto alla realizzazione personale e all’individualismo, salvo in determinati contesti. Infatti, in linea con la teoria dell'effetto Veblen, il lusso, nei mercati emergenti, continua a trovare la sua essenza nelle dinamiche relazionali: si tratta di un fenomeno eteroriferito, in cui l’esibizione della ricchezza serve a consolidare il prestigio e a manifestare l’appartenenza a un’élite. In tali contesti, il desiderio di distinguersi, alimenta abbondantemente l’industria dell’esclusività.

Tuttavia, l’accesso a uno stile di vita lussuoso, non si limita a certificare l’appartenenza a un’élite, ma assume una funzione individualizzante, poiché valorizza la persona in quanto tale. In questo senso, il lusso contemporaneo non mira unicamente a costruire un’immagine collettiva di appartenenza di classe, bensì promuove l’autostima e l’immagine personale dell’individuo. Questo approccio riflette il crescente individualismo, il narcisismo e il desiderio di autoammirazione che caratterizzano il consumo moderno: non si tratta solo di piacere agli altri, ma anche, e soprattutto, di piacere a sé stessi.


Il lusso si colloca, dunque, all’intersezione tra comportamenti che mirano a consolidare la reputazione sociale e desideri autoriferiti, che si basano sull’edonismo e sulla ricerca del piacere personale. Questa convivenza di motivazioni riflette una trasformazione profonda, descritta da Lipovetsky come una "deistituzionalizzazione" del lusso. In questa prospettiva, il lusso perde il suo legame tradizionale con la disciplina collettiva e con l’appartenenza a una classe sociale definita, per diventare un fenomeno fluido, individualizzato e sempre meno regolato da norme condivise.


Un fattore chiave che ha accelerato questa evoluzione è rappresentato dalla “modernità liquida”, concetto teorizzato da Bauman. In questo contesto, le strutture rigide e le gerarchie tradizionali si dissolvono, lasciando spazio a relazioni più instabili e flessibili. Il consumo di lusso si adatta a questa fluidità, svincolandosi dalle regole di classe e trasformandosi in un'esperienza sempre più personalizzata e adattabile ai desideri individuali. La modernità liquida, caratterizzata dalla costante ricerca di nuove esperienze e dall'incertezza delle relazioni, fa del lusso non solo un simbolo di status, ma anche uno strumento per definire sé stessi e per soddisfare un bisogno di autorealizzazione.



Negli ultimi anni, si è assistito a una trasformazione ancora più marcata: il concetto di lusso ha conosciuto un'evoluzione che lo ha trasformato in un’esperienza profondamente soggettiva, un’interazione tra oggetto e individualità, che si manifesta in base alle peculiarità psicologiche, emotive e culturali di ogni persona. Questa metamorfosi lo rende pluralistico, riflettendo una molteplicità di significati e interpretazioni. Il lusso non si limita più agli oggetti tradizionali – abiti, gioielli, cristalli o porcellane – ma abbraccia lo stile di vita, un dominio anch’esso ormai definito individualmente. Tale personalizzazione del lusso si affianca a un’analoga soggettivizzazione di concetti quali la bellezza e lo stile, che, privati di definizioni univoche, si plasmano sulle esperienze e sui vissuti personali.


In questa nuova dimensione, emergono discriminanti ideologiche che riorganizzano le gerarchie simboliche: la qualità prevale sulla quantità, la leggerezza soppianta la pesantezza e valori come calma e imperturbabilità dominano sull’inquietudine e sulla fretta. Tuttavia, al vertice di questa scala si pone la disponibilità di tempo libero, un lusso supremo che ridimensiona la frenesia della vita moderna.


Il lusso contemporaneo si declina in modalità personalizzate: un modo esclusivo di viaggiare, che rifugge i pacchetti organizzati; un’alimentazione sana e raffinata, distante dalle convenzioni culinarie di massa; una gestione del tempo dedicato al benessere in località straordinarie. In questa prospettiva, la cura del corpo assume una centralità assoluta, richiedendo un investimento temporale da dedicare a palestra, piscina o spa. Il corpo diventa il fulcro di una “teatralizzazione narcisistica del lusso”, più gratificante dell’ostentazione materiale o delle regole fugaci della moda.

La logica della seduzione sovrasta quella del possesso: l’obiettivo è affermare la propria personalità attraverso l’estetica del corpo e l’esibizione di un’immagine che promette risultati più certi del denaro. Questa convinzione – che il corpo debba restare giovane e attraente il più a lungo possibile – costituisce uno dei principali cardini del nuovo lusso, influenzando l’intera galassia dei prodotti dedicati al benessere e alla bellezza.


La seduzione non si limita al corpo, ma si estende alle narrazioni: il racconto di un viaggio straordinario o di un’avventura mozzafiato diventa parte integrante del lusso. Non si tratta più solo del possesso, ma della capacità di comunicare e condividere emozioni uniche, che riflettono un incontro con forme differenti di vitalità. Questo lusso emozionale genera un’armonia sensoriale tra individuo, società e ambiente, ma richiede un elemento imprescindibile: la comunicazione.


Senza questa dimensione narrativa, il lusso rimane incompleto, trasformandosi in una competizione estetica, dove prevale la mera capacità di mettere in scena il proprio narcisismo. Il lusso diventa, così, una disciplina comportamentale che esalta l’arte di vivere, distinguendo chi lo pratica grazie a un raffinato senso della qualità e della distinzione.



Nel panorama contemporaneo, la ricchezza è solo un mezzo per accedere al lusso, ma non ne rappresenta il fine ultimo come avveniva decenni fa. Il lusso non è più uno strumento per ostentare la propria ricchezza, ma un’espressione di stile e personalità. Viene così, purtroppo, relegato a un ruolo marginale il rapporto tra lusso e la bellezza alta, quella bellezza universale e significativa che si sottrae al dominio del futile e dell’effimero. Questo spostamento si deve all’incapacità del gusto moderno, spesso privo di educazione estetica, di discernere le scelte più autentiche e preziose.

Al contrario, il lusso celebra stati psicologici ed esperienze straordinarie, promuovendo un’estetizzazione della vita quotidiana. Tale estetizzazione richiama la sensibilità originaria insita nell’etimologia stessa della parola, elevando il lusso a strumento di percezione e comprensione della realtà. Tuttavia, resta aperto il paradosso: l’emozione, pilastro del lusso contemporaneo, non può essere garantita o imposta. Si può solo sperare che i prodotti di lusso riescano a suscitarla.


Tale enfasi sull’aspetto emozionale ha due conseguenze rilevanti. Da un lato, tende a sminuire la qualità intrinseca e l’originalità creativa degli oggetti di lusso; dall’altro, provoca una profonda trasformazione del mercato. L’accesso al lusso si avvia verso un superamento delle differenze di genere, ridefinendo le dinamiche del consumo. Il lusso, un tempo dominato dalle gerarchie simboliche tradizionali, ora si frammenta in un mosaico di esperienze individuali, plasmate dalla sensibilità di ciascuno.


In questa pluralità di significati e funzioni, il lusso contemporaneo si rivela non più uno status statico, ma una forma dinamica di espressione, in cui il gusto personale (più che la bellezza) e lo stile convergono per celebrare la soggettività e la complessità della vita moderna.

La crisi che attanaglia il concetto di lusso contemporaneo, come già accennato, risiede nel passaggio dalla contemplazione della bellezza universale alla celebrazione del gusto individuale, ovvero dalla sfera dell’oggettività a quella della soggettività. Purtroppo, nell’odierna temperie culturale, si assiste a una confusione tra gusto personale e bellezza. Ora, il gusto personale può senz’altro elevarsi al rango di buon gusto, quando coltivato e affinato mediante lo studio della disciplina estetica; tuttavia, può altrettanto facilmente degenerare in cattivo gusto, qualora manchino i fondamenti di tale disciplina.


L’odierna inclinazione verso la personalizzazione di beni, servizi ed esperienze di lusso è la diretta conseguenza di questa tendenza: un adattamento delle offerte alle preferenze individuali. Pur essendo di vitale importanza tale fenomeno nel settore del lusso, è imperativo ricordare che il lusso, nella sua essenza, dovrebbe farsi ambasciatore della bellezza. Esso è chiamato a educare i suoi estimatori, guidandoli verso una comprensione e un apprezzamento della bellezza universale, proponendo beni ed esperienze che incarnino un’estetica oggettivamente sublime. Solo successivamente si può contemplare una personalizzazione che, lungi dal compromettere tali valori assoluti, li adatti con rispetto.



Alcuni fondamentali valori del lusso tradizionale, quali l'edonismo, la raffinatezza, la preziosità e il legame con la memoria, si ritrovano anch'essi nel panorama del lusso moderno. Oltre alle distinzioni tra "prodotto" ed "esperienza" e tra "esclusività" ed "eccezionalità", il principale elemento differenziale risiede nella polarizzazione tra il contesto sociale e l'individuo. Gli aspetti di sfoggio innati e il senso di appartenenza a un ristretto e selezionato circolo propri del lusso tradizionale sono intrinsecamente radicati nell'ambito sociale.


In riferimento alla connotazione sociale, prendendo in considerazione l’ostentazione e la vistosità, emergono evidenze che nei paesi in rapida crescita economica tali dinamiche si siano affermate come forze trainanti senza precedenti, soprattutto tra le classi medie. Negli ultimi anni, infatti, lo "spreco vistoso" ha progressivamente perso attrattiva tra i nuovi ricchi, per lasciare spazio a una più raffinata ricerca di prodotti che incarnino gusto e cultura. Questo cambiamento segna un’evoluzione nella percezione del lusso, che non è più semplicemente un simbolo di ostentazione, ma viene elevato a espressione di raffinatezza estetica e capacità di discernimento. Di conseguenza, i grandi marchi del lusso vengono ora considerati veri e propri prodotti culturali.


Le élite economiche e i nuovi ricchi, dopo una fase di acquisti compulsivi e visibili, si orientano verso consumi più sottili, capaci di segnalare un distinto status sociale. Non più l'acquisto di beni vistosi, ma scelte ponderate e personali: l’educazione nelle scuole più prestigiose per i figli, l’acquisizione di immobili esclusivi all’estero, l’acquisto di opere d’arte contemporanea e il turismo esperienziale elitario. Questo spostamento implica una netta distanza dai "mega-brand" ormai accessibili anche alle classi medio-alte, la cui diffusione universale viene percepita, anche dai nuovi ricchi, come una banalizzazione del lusso.


Nei mercati emergenti, i consumatori percorrono un ciclo di evoluzione: dall’entusiasmo iniziale per il lusso vistoso a una successiva ricerca di esperienze significative. Una volta soddisfatto il desiderio di possedere i beni più esclusivi, si manifesta in essi una naturale inclinazione a compiere un ulteriore progresso, volto a consolidare il proprio status attraverso una rispettabilità che trascenda la sfera economica.

Questa transizione è motivata dall'esigenza di elevare il proprio profilo sociale mediante investimenti nella formazione, nell’arte e nella cultura. Il lusso, in tale ottica, non si limita più a essere un simbolo di opulenza materiale, ma diviene un veicolo per acquisire prestigio intellettuale e per integrarsi nelle élite appartenenti ai mercati maturi grazie a esperienze raffinate e significative. È attraverso l'apprezzamento di opere artistiche, l’impegno in percorsi educativi di eccellenza e l'esplorazione di contesti culturali unici che tali consumatori ambiscono a ridefinire il proprio ruolo nel panorama della distinzione sociale e culturale.


Nei paesi maturi, invece, questa consapevolezza si è già consolidata, portando a un interesse per il "lusso esperienziale". In queste società, il lusso si traduce in esperienze rare, emotivamente ricche e culturalmente significative. I marchi stessi tendono ad adottare un approccio più discreto in riferimento alla tendenza del "luxury shame", atteggiamento secondo il quale chi può permettersi beni di lusso preferisce evitare l'ostentazione per rispetto verso coloro che potrebbero non avere le stesse possibilità finanziarie. La vistosità, dunque, sembrerebbe essere caduta in disuso, ma questa affermazione richiede una riflessione profonda. Essa stessa è diventata una tendenza, riflesso delle risposte emerse in sondaggi comuni in cui le persone sono state interpellate circa la visibilità eccessiva dei marchi di lusso e sulla necessità di ridurre le dimensioni dei loghi. La maggioranza ha risposto affermativamente.


Un dato interessante è emerso da diversi studi che hanno confrontato le opinioni negative in merito alla visibilità dei marchi di lusso con gli acquisti effettivi di coloro che avevano espresso tali opinioni: essi hanno scoperto che la preferenza per prodotti senza un logo vistoso non era collegata agli acquisti reali. Quindi, al momento, solo a parole l’ostentazione e la vistosità vengono rinnegate, ma la tendenza di rinnegarle anche a fatti è alle porte e, in alcuni individui, questa propensione ha già preso il sopravvento.


In realtà, coloro che vivono il lusso autentico tendono a celebrarlo piuttosto che a ostentarlo. Gli individui dotati di autentico buon gusto e raffinatezza possono certamente acquistare beni di lusso recanti un logo, ma questo non avviene per la riconoscibilità del marchio. Piuttosto, essi optano per tali beni poiché questi ultimi incarnano un’estetica elegante e raffinata, indipendentemente dalla presenza o dalla prominenza del logo. Certamente, un logo di grandi dimensioni difficilmente può essere considerato di buon gusto; tuttavia, la presenza di un logo discreto non costituisce di per sé un discrimine per la raffinatezza. Sul mercato esistono numerosi beni privi di loghi che risultano, tuttavia, privi di eleganza e vengono ugualmente ostentati.


Dunque, più che focalizzarsi sulla presenza o meno di un logo più o meno vistoso su determinati beni, sarebbe opportuno approfondire le intenzioni sottese agli acquisti degli individui. I sondaggi, pertanto, offrono (come sempre nel settore del lusso) una visione parziale e superficiale, poiché non è necessariamente vero che chi acquista beni recanti un logo lo faccia con l’intento di ostentare. Affinché si possano condurre studi dotati di reale significatività e rigore metodologico, risulta anche imprescindibile definire con precisione il concetto di “logo vistoso” o “di grandi dimensioni,” nonché stabilire i parametri esatti oltre i quali un logo possa essere considerato tale. È evidente, infatti, che non ci si possa affidare esclusivamente al relativismo soggettivo o a valutazioni empiriche prive di criteri oggettivi.

Inoltre, per comprendere appieno le motivazioni degli acquirenti, occorrerebbe prima analizzare il loro background culturale e sociale. Qualora si consideri un campione costituito da appartenenti al ceto medio o dai cosiddetti “nuovi ricchi,” è relativamente frequente che quest’ultimi possano manifestare una maggiore propensione all’ostentazione, benché non si tratti di una regola assoluta.


In ultima analisi, i confini tra il desiderio di esibire un bene con intenti ostentativi e la semplice volontà di acquistarlo per soddisfare il proprio gusto personale o le proprie aspirazioni, appaiono labili e difficili da discernere osservando tali dinamiche dall’esterno.


Epilogo dell'episodio


Siamo giunti all’epilogo di questo episodio, durante il quale abbiamo approfondito l’evoluzione del concetto di lusso nel corso dei secoli, delineandone le metamorfosi da fenomeno essenzialmente ostentatorio a dimensione sempre più intima e personale. Tale transizione, dallo spazio collettivo alla sfera individuale, è sintomatica di un mutamento culturale che, se da un lato ha arricchito il lusso di una profondità nuova, dall’altro impone una riflessione sulla necessità di preservare la sua intrinseca dimensione sociale.


È fondamentale ribadire che, nel parlare di lusso autentico, la dimensione sociale deve rimanere una componente imprescindibile. Come già argomentato negli episodi precedenti, questa deve emergere in modo organico dalla sfera personale, diventandone una conseguenza naturale e non un’esplicita forzatura; diversamente, si ricadrebbe nell’ostentazione fine a sé stessa. Se nel passato la dimensione sociale dominava incontrastata, configurandosi come mero esercizio di esibizionismo, un lusso confinato unicamente nella sfera personale rischierebbe, parimenti, di ridursi a un fenomeno di nicchia, ignoto e irrilevante al di fuori di ristrette élite di intenditori.

Il lusso autentico, al contrario, si distingue per la sua duplice natura: universalmente riconoscibile e riservato all’appannaggio di pochi. La dimensione sociale, in questo senso, si erge come una linea di demarcazione netta tra coloro che possono accedere a tali esperienze e coloro che ne restano esclusi.


Concludiamo riflettendo su una preoccupante tendenza del nostro tempo: l’allontanamento progressivo dalla bellezza e dalla disciplina estetica. È imprescindibile rammentare che questi valori, veri e propri pilastri del lusso, debbano rimanere centrali, pur sapendo adattarsi al mutare dei tempi per non soccombere all’obsolescenza. Tuttavia, tali adattamenti, non devono mai confondersi con l’accondiscendenza verso un gusto personale che, troppo frequentemente, si declina nel cattivo gusto. Non è un caso che numerosi marchi, negli ultimi decenni, abbiano ceduto alla tentazione di proporre prodotti che tradiscono i canoni di un’estetica elevata.


Il lusso deve intrattenere un dialogo costante con l’arte, riconoscendo la profonda interconnessione che lega i due universi. Ambedue trovano la loro essenza nella celebrazione della bellezza; tuttavia, contrariamente all’arte contemporanea, il lusso non può cedere alla provocazione, poiché scivolerebbe nel dominio effimero della moda. Esso deve piuttosto farsi interprete, rappresentante e custode della bellezza, ispirandosi ai canoni dell’arte classica, che ne incarnava l’ideale universale.

Il dialogo con l’arte contemporanea deve avvenire sotto il segno dell’attualizzazione, adattandosi ai linguaggi del presente senza mai smarrire il legame con la bellezza atemporale tipica dell’arte classica. Solo attraverso questa duplice interlocuzione, il lusso potrà continuare a risplendere come emblema di ciò che è eterno e, al contempo, rilevante per i nostri giorni.


Infine, considerando la crescente disaffezione verso il possesso di beni materiali da parte di segmenti specifici della popolazione, si delinea la possibilità che i marchi di lusso del futuro trascendano la dimensione tangibile, orientandosi verso offerte immateriali e intangibili. In un mondo caratterizzato dalla saturazione sensoriale e dalla rarefazione delle risorse naturali, la vera esclusività potrebbe risiedere in elementi eterei e universali: il silenzio, l’aria incontaminata, l’armonia, la pace interiore e l’equilibrio con l’ambiente.

Questi beni, intrinsecamente pubblici e complessi da privatizzare, potrebbero trovare una loro espressione in luoghi selezionati, preservati dalla frenesia e dal degrado che permeano gran parte del mondo contemporaneo. Le destinazioni capaci di offrire tali rarità, potrebbero divenire i nuovi poli dell’esperienza di lusso. 


Riferimenti utili


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