Episodio 2
Il lusso: un concetto sfuggente e soggetto a incomprensioni
Il lusso, nella sua essenza più profonda e sfaccettata, sfugge alla comprensione comune poiché si situa in un regno che va oltre le categorie ordinarie della razionalità e della funzione. Non è semplicemente un insieme di prodotti o servizi, ma un sistema complesso di valori simbolici, estetici e culturali, che dialoga con le dimensioni del sublime, del sogno, dell’immaginario e del mito. La sua incomprensibilità, spesso marcata e trasversale, può essere attribuita a una pluralità di fattori interconnessi, ognuno dei quali contribuisce a renderlo un fenomeno tanto enigmatico quanto inaccessibile.
- Il primo motivo per cui il lusso sfugge alla comprensione, risiede nella sua natura intangibile e profondamente relativa. Mentre i beni ordinari possono essere valutati attraverso parametri oggettivi di funzionalità, qualità e prezzo, il lusso si definisce attraverso l’emozione, il simbolismo e l’esperienza. Questo rende la sua essenza difficilmente quantificabile o categorizzabile, poiché non risponde a una logica razionale ma a una grammatica del sogno e dell’aspirazione. L’incapacità di tradurre questa dimensione immateriale in termini tangibili, lo rende estraneo a chi non possiede le chiavi interpretative necessarie.
- Il secondo motivo risiede nell’inconciliabilità con la logica utilitaristica. Il lusso sfida apertamente la logica utilitaristica che domina gran parte del pensiero moderno. Esso non si giustifica attraverso criteri di efficienza o necessità, ma si fonda sulla superfluità e sull’irrazionalità. L’idea che un oggetto e un’esperienza possano valere immensamente di più di quanto sembri “ragionevole” in termini funzionali, è spesso percepita come paradossale, se non addirittura provocatoria. Tale disallineamento con il pragmatismo comune genera incomprensione e, talvolta, aperta ostilità verso il concetto stesso di lusso.
- Il terzo motivo è da ricercare nell’esclusività culturale. Il lusso è intrinsecamente elitario, non solo in termini economici, ma anche e soprattutto culturali. Comprenderlo richiede un elevato livello di sensibilità estetica, una conoscenza approfondita delle sue radici storiche e una capacità di decifrarne i codici simbolici. Ad esempio, apprezzare un’opera d’alta gioielleria o un capo d’alta moda significa riconoscerne il valore intrinseco in termini di maestria artigianale, tradizione e innovazione. Tuttavia, in un’epoca di massificazione e semplificazione culturale, questa raffinatezza interpretativa è spesso carente, contribuendo a una percezione erronea del lusso come mera ostentazione.
- Un ulteriore fattore di incomprensione è rappresentato dal cosiddetto paradosso dell’accessibilità aspirazionale. Il lusso, per sua natura, è definito dalla scarsità e dall’esclusività; tuttavia, i meccanismi del mercato moderno, che includono strategie di democratizzazione del lusso, ne hanno eroso i confini, alimentando una confusione nel pubblico. L’ibridazione tra lusso autentico e prodotti che ne imitano l’aura senza possederne l’essenza, ha generato disorientamento e ha reso più complessa la distinzione tra quello che è lusso e quello che si limita a evocarlo.
- Il quinto motivo risiede nell’influenza della sfera ideologica. Il lusso si trova spesso al centro di un dibattito ideologico che ne oscura la comprensione. In un’epoca in cui l’etica del consumo responsabile e la sostenibilità ambientale sono valori emergenti, il lusso può essere percepito come antitetico a questi principi, associato a spreco, disuguaglianza e opulenza. Questa visione polarizzata, alimentata da pregiudizi e semplificazioni, non consente di cogliere le dimensioni più profonde del lusso, come il suo legame con la preservazione dell’artigianato, l’innovazione sostenibile e la celebrazione del patrimonio culturale. Inoltre, come verrà analizzato più avanti, molti aspetti che contraddistinguono il lusso, sono intrinsecamente sostenibili.
- Infine, il sesto e ultimo motivo riguarda la complessità temporale. Il lusso sfugge alla comprensione poiché si muove su una scala temporale completamente diversa rispetto a quella dei beni di consumo ordinari. Esso è spesso intrinsecamente legato all’idea di atemporalità e di valore che si amplifica con il passare del tempo. In una società che privilegia l’immediatezza e l’obsolescenza programmata, questa prospettiva di lungo termine, appare distante e difficile da assimilare.
È essenziale sottolineare che non esiste una definizione "corretta" o "errata" di lusso, né una definizione universalmente accettata. Tuttavia, quando si adotta una prospettiva operativa e manageriale, emergono criteri specifici e regole precise che delineano i confini entro cui è possibile fornire una definizione oggettiva di lusso. Tali parametri si rivelano fondamentali nell’ambito della gestione e della valutazione delle imprese, dei prodotti e dei servizi di lusso, come avremo modo di esplorare nei prossimi episodi. Dal punto di vista soggettivo, quello che viene considerato lusso, è fortemente influenzato dagli ambiti di rappresentanza, dalle circostanze, dai valori individuali, dal contesto culturale e dall'era storica. Tale discorso lo affronteremo tra poco.
Se interrogassimo una varietà di individui circa la loro percezione del concetto di lusso, verificheremmo inevitabilmente una diversità di opinioni. Questo perché a rispondere non sarebbero solo gli esperti o i cultori in materia, ma il sondaggio coinvolgerebbe anche i neofiti. Una situazione simile si verificherebbe nel tentativo di definire l'arte, una disciplina intrinsecamente complessa tanto quanto il lusso.
Anche in questo caso, se ci affidassimo a sondaggi che coinvolgono un campione di persone generico, compresi coloro che potrebbero non avere una particolare affinità con l'arte, otterremmo una gamma di definizioni differenti. È da considerare del tutto naturale che coloro che non sono cultori o estimatori dell’arte forniscano interpretazioni distinte rispetto ai veri intenditori, agli appassionati o agli studiosi. Così, la natura soggettiva e relativa della definizione di "lusso" erroneamente trova giustificazione in queste variazioni di percezione e interpretazione. La definizione di “lusso” è così ostica da dare poiché esso, come l’arte, non si lascia incasellare da criteri, né governare da regole preimpostate (a parte quelle relative al business).
La concezione del lusso sovente risulta complessa anche agli intenditori e coloro che dichiarano il contrario minimizzano la complessità celata dietro a tale ambito.
Ma come capire se, effettivamente, ci si trova di fronte al lusso?
Nell'esperienza quotidiana se, trovandovi dinnanzi a un oggetto, a un prodotto o a un'esperienza, le prime vostre percezioni riguardano la bellezza, il savoir-faire, l'arte, l’heritage, la raffinatezza e l'eleganza, piuttosto che il mero valore monetario, vorrà dire che avrete di fronte a voi il lusso. Al contrario, se l'unico aspetto che percepite è il costo elevato, vi troverete di fronte a una situazione che non può essere considerata di lusso, ma solo alquanto costosa.
In questa mia considerazione è da evidenziare una variabile di rilievo, ossia il livello culturale dei fruitori del lusso: solo coloro dotati di un certo bagaglio culturale e di un acume intellettuale specifico, sono in grado di discernere tra oggetti ed esperienze che riflettono un'elevata estetica e bellezza e tra quelli che sono meramente costosi. Il lusso, infatti, innanzitutto "seleziona" i suoi cultori ed estimatori, escludendo coloro che si limitano a una prospettiva puramente consumistica (quindi i consumatori), relegandoli al settore della moda o a quello del consumo di massa. La capacità di apprezzare il lusso è intrinsecamente legata al livello culturale degli individui.
Ecco un altro “segreto” che sono pronta a svelarvi (sperando in parte non si tratti di una rivelazione) per capire se ci si trova dinnanzi al lusso: quest’ultimo non compare in tv (tranne che per il caso dei profumi associati ai brand di lusso che, come vedremo, non sono di fatto prodotti di lusso), non è associato a personaggi del piccolo schermo (semmai, ad alcuni personaggi del grande schermo), né a influencers (ma agli ambassador) e non è promosso attraverso i canali social o eventi da parte di queste figure. Inoltre, in linea di massima, non dovrebbe essere connesso alle élite economiche ma a quelle culturali.
Purtroppo, talvolta, tali individui, privi di una profonda comprensione, possono vivere esperienze effettivamente e oggettivamente lussuose o indossare articoli di prestigio senza rendersene conto. In tal caso, automaticamente, determinati beni ed esperienze perdono inevitabilmente la loro aura di lusso. Questo processo intrinseco però, non viene colto dai neofiti i quali, vedendo l’influencer del momento o il vip del piccolo schermo di turno sfoggiare una Birkin o impegnato/a alla guida di una Rolls-Royce, automaticamente credono che, di riflesso, anche la persona che indossa o possiede tale bene sia un individuo legato al lusso e all’eleganza.
In realtà, lo è oggettivamente solo il bene esibito, anche se, come esplicato, perde la sua aura di sogno e di bellezza nell’esatto momento in cui viene acquisito ed esibito (quindi non apprezzato né celebrato) da coloro i quali hanno avuto accesso allo stesso solo per mezzo di risorse economiche e non tramite la cultura ed esibiscono quest’ultimo solo per mero status, senza provare alcun piacere nel fruire di un vero e proprio oggetto d’arte. Quindi, in questi casi, si tratta di consumatori e non di fruitori che ostentano il lusso e non godono dello stesso, legati, quindi, al surrogato del lusso e non al lusso.
È importante sottolineare che il rapporto tra il lusso e tali individui è unilaterale (anzi, dovrebbe esserlo): il vero lusso si dovrebbe distanziare dall'attenzione di queste personalità, mentre queste ultime lo bramano, hanno un culto dello stesso (anzi, credono di averlo) solo ed esclusivamente in relazione all’aspetto meramente economico. Infatti, sovente, le stesse si autoproclamano “vittime della moda” (essendo, effettivamente e giustamente associate solo ed esclusivamente alla stessa), ma, loro e nostro malgrado, nel "calderone" della moda “gettano” anche, ignare, qualche accessorio ed esperienza di lusso, senza effettuare alcuna distinzione. Ecco spiegata anche la confusione generata intorno alla definizione di lusso: in parte tali personalità contribuiscono a rendere i confini tra lusso, moda, premium e masstige labili, laddove, tecnicamente, non lo sono. Dunque, malgrado la loro capacità finanziaria di accedere a esperienze e oggetti di prestigio, la maggior parte di loro (ovviamente non tutti) non sarà mai in grado di viverli a causa della mancanza di discernimento e comprensione.
Una questione cruciale da affrontare è se il lusso abbia effettivamente una componente di soggettività o, al contrario, se si tratti di un concetto esclusivamente oggettivo. La risposta, risiede in una netta distinzione tra il lusso percepito individualmente e quello definito dai punti di vista economico, operativo e settoriale. Tali dimensioni, pur convergendo nel termine "lusso", sono di natura profondamente distinta e, in molti casi, quasi del tutto indipendenti l'una dall'altra.
La componente soggettiva del lusso si manifesta nella percezione personale, ovvero in ciò che ciascuno di noi ritiene essere "il proprio lusso". Questo può spaziare da elementi immateriali, come il privilegio di disporre di tempo libero da dedicare a sé stessi o alle proprie passioni, fino a beni materiali che, nella nostra percezione, assumono un carattere di preziosità, esclusività e, dunque, di lusso. Tuttavia, tali beni possono non essere universalmente considerati lussuosi e, anzi, possono non appartenere affatto a un universo riconducibile al settore del lusso.
In questa sfera soggettiva rientrano anche oggetti che non sono associati a un brand o che, pur appartenendo a un marchio, non rispecchiano i principi gestionali, produttivi e distributivi propri del lusso. È qui che emerge l'influenza del gusto personale, il quale, sebbene rappresenti un parametro importante per l'individuo, non deve essere confuso né con la disciplina estetica né, in questo contesto, con i rigorosi principi che regolano il lusso vero e proprio. Il gusto personale può indurci a giudicare beni che, tecnicamente, non appartengono al settore del lusso come se lo fossero. Questa percezione, tuttavia, rimane confinata alla sfera intima e soggettiva dell'individuo, senza poter modificare l'appartenenza settoriale di quei beni.
Quando si entra nel dominio del mercato del lusso, la soggettività cede completamente il passo a una dimensione oggettiva, governata da principi precisi, rigorosi e non suscettibili di interpretazione personale. Prendiamo, per esempio, il marchio Ralph Lauren. Per quanto, a livello individuale, si possa considerare Ralph Lauren un simbolo di lusso personale, questo giudizio non modifica la realtà settoriale: il marchio appartiene al segmento masstige senza alcuna ambiguità. Non è il nostro gusto personale né il nostro vissuto individuale a determinare l’appartenenza di un brand al settore del lusso, ma esclusivamente la conformità o meno di quel brand alle regole stringenti che definiscono il settore.
Analogamente, non si può affermare che beni di nicchia siano automaticamente beni di lusso, nonostante alcune caratteristiche condivise, come l’esclusività. Anche in questo caso, pur esistendo punti di contatto, i due ambiti rimangono distinti: rappresentano universi paralleli, con propri principi gestionali e produttivi.
Dunque, mentre la percezione soggettiva del lusso risiede interamente nella dimensione intima e personale dell’individuo, il lusso inteso come settore economico non lascia spazio a relativismi. Esso si fonda su regole e parametri oggettivi, che ne garantiscono l’identità e l’autenticità, distinguendolo in modo netto da altre categorie o ambiti che, pur evocando l’esclusività, non appartengono alla sfera del lusso.
La soggettività del lusso, si estende, talvolta, a intere culture o gruppi sociali, creando una sovrapposizione spesso erronea tra percezione soggettiva e definizione oggettiva del lusso. Questa dinamica si manifesta quando determinate culture o categorie di consumatori attribuiscono a specifici brand lo status di lusso, anche laddove tale attribuzione non sia supportata dai principi oggettivi e universali che regolano il settore.
Un esempio paradigmatico si può osservare nel caso della percezione di Louis Vuitton in Giappone, un brand che era di lusso ma che, attualmente, adotta strategie “ibride”. In Giappone esso viene ancora percepito come un simbolo di lusso. Analogamente, se ci si sposta dall’ambito culturale a quello sociale, si nota come determinate categorie di consumatori, attribuiscano a brand come Rolex uno status di lusso, nonostante tale marchio, un tempo di lusso, ora si collochi in una zona di confine tra il lusso e il masstige.
Questa tendenza collettiva a trasformare il lusso percepito in lusso oggettivo, limitatamente al contesto culturale o sociale di riferimento, rende particolarmente arduo distinguere tra la sfera soggettiva e quella oggettiva. Quando intere culture o ampie categorie di consumatori condividono una percezione uniforme, si genera un amalgama in cui il lusso soggettivo assume, almeno localmente, una parvenza di oggettività.
Tuttavia, i principi fondamentali che definiscono il lusso, inteso come settore economico e operativo, dovrebbero avere un carattere intrinsecamente universale, rimanendo immutabili al di là delle differenze culturali o delle peculiarità dei singoli mercati. Essi dovrebbero trascendere il relativismo geografico o sociale, garantendo coerenza e rigore a livello globale. Eppure, l’avvento della globalizzazione ha posto nuove sfide a questa universalità.
La globalizzazione, se da un lato ha permesso ai brand di raggiungere mercati prima inaccessibili, dall’altro ha introdotto una complessità crescente nell’adattamento dei principi del lusso alle esigenze, aspettative e percezioni dei diversi contesti locali. Questo processo ha contribuito a offuscare i confini tra quello che appartiene al lusso e quello che ne è estraneo, alimentando confusione tanto tra i consumatori quanto tra gli operatori del settore.
In conclusione, la soggettività del lusso, amplificata dalle dinamiche culturali e sociali, rappresenta un elemento che, se non correttamente analizzato e gestito, rischia di erodere la chiara distinzione tra percezione individuale e definizione oggettiva. Per preservare l’integrità del lusso come settore, è necessario ribadire l’importanza di principi universali e rigorosi.
Nel corso dei decenni, al fine di affrontare l’ardua e complessa impresa di circoscrivere e definire il concetto di lusso, sono state avanzate sette prospettive distintive, ciascuna delle quali tenta di esplorare un particolare ambito di significato che, nel suo insieme, contribuisce a costruire una comprensione articolata e sfaccettata del fenomeno. Ogni singola prospettiva offre una chiave interpretativa esclusiva del lusso che, pur nell’apparente pluralità, tende a delineare una parte di un quadro concettuale vasto e poliedrico, che si sottrae a ogni tentativo di definizione univoca e monolitica. Questi approcci pongono delle sfide considerevoli, segnalando le difficoltà di approdare a una definizione universalmente condivisa. Ogni percorso, infatti, presenta complessità nel delineare i confini di quello che costituisce il lusso, suggerendo in maniera eloquente che esso (esattamente come l’arte) non possa essere circoscritto.
- Partendo dalla via democratica, la suddetta strada si fonda sulla percezione diffusa dei consumatori. Poiché il lusso è un concetto poliedrico e soggettivo (dal punto di vista individuale e non operativo), si può chiedere al mercato cosa rappresenti il lusso per ciascun segmento. Tuttavia, il rischio di questa visione risiede nella frammentazione dei giudizi, con visioni contrastanti tra chi considera, ad esempio, un orologio tempestato di diamanti l'apice del lusso e chi, invece, lo associa al cattivo gusto e all’ostentazione.
- Nella via elitaria, il lusso è definito secondo la visione di una ristretta élite. Questo approccio sceglie come riferimenti le classi agiate, ma incontra difficoltà quando applicato a livello internazionale. Ad esempio, le percezioni del lusso variano sensibilmente tra i ricchi giapponesi, americani, francesi o tedeschi, per i quali il concetto può perfino assumere connotazioni negative.
- Seguendo la via degli esperti, ci si affida agli specialisti del settore per definire il lusso. Questo consente di accedere a una visione strutturata, ma il problema risiede nell’individuare "i giusti esperti", tenendo conto del loro livello culturale e del loro grado di formazione in materia, aspetti che potrebbero limitare l’universalità del concetto.
- La via empirica suggerisce che il lusso coincida con il riconoscimento di alcuni marchi specifici. Tuttavia, sorgono ambiguità sul valore di alcuni brand. Per esempio, Lacoste, percepito come un brand di lusso in Cina, non è visto allo stesso modo in Spagna o Italia, dove la sua distribuzione è più ampia e meno esclusiva.
- Passando per la via corporativa, il lusso, in questo caso, è definito dal contesto produttivo di un determinato Paese. È il caso, ad esempio, della Francia, dove il Comité Colbert riunisce i marchi storici per stabilire un canone del lusso nazionale. Anche questo approccio, però, risente di una limitata applicabilità globale.
- La via creativa si rivolge direttamente ai creatori di lusso, che delineano il concetto attraverso i propri criteri, valori e visioni. Tuttavia, scegliere i creatori da interpellare non è semplice: esistono, infatti, differenze marcate tra chi produce moda di lusso, come Chanel, e chi realizza beni di lusso, come Cartier e Hermès.
- Infine, la via della negazione non considera il lusso come una categoria distinta, ma come l'estremizzazione di vari attributi – come rarità, qualità e creatività – che raggiungono il loro apice. Secondo tale visione, il lusso si differenzierebbe dai prodotti premium non per un semplice incremento di prezzo, ma per una combinazione unica e inimitabile di valori che ne fa un ideale irraggiungibile tramite il semplice trading up. Tuttavia, questa visione ignora il valore peculiare che il mercato attribuisce ai veri marchi di lusso, distinguendoli dai marchi premium. I mercati finanziari confermano questa differenza, poiché i marchi di lusso mantengono un valore superiore pur con volumi di vendita più ridotti, dimostrando che il lusso non si crea solo con l'aumento del prezzo o della qualità.
Epilogo dell'episodio
Siamo giunti alla conclusione di tale episodio, nel corso del quale si è evinto che il concetto di lusso si configura come un prisma concettuale, un’entità multiforme che sfugge a una categorizzazione rigida e monolitica, ponendosi come un ideale stratificato, alimentato da prospettive divergenti che ne esaltano la natura elusiva e soggettiva. Anche nell’ambito operativo, manageriale e settoriale, il lusso, pur essendo formalmente disciplinato da rigidi principi di carattere universale e, in teoria, non incline a una natura proteiforme, può tuttavia manifestare una notevole variabilità interpretativa. Tale fluttuazione deriva sia dalle specificità metodologiche adottate dagli esperti di settore, sia dalle influenze culturali, economiche e normative intrinsecamente legate al contesto geografico in cui esso si declina.
Di conseguenza, il lusso si presenta come una realtà complessa e diversificata, in cui l'armonizzazione tra concetti universali e particolarismi locali costituisce un delicato equilibrio.
Le sette prospettive delineate offrono un ventaglio di chiavi interpretative, ciascuna delle quali contribuisce a una comprensione parziale e settoriale, eppure indispensabile, di un fenomeno che si innalza al di sopra delle semplici categorizzazioni semantiche, la cui definizione, nonostante gli studi condotti e le teorie avanzate nel corso dei secoli, permane elusiva e inafferrabile, quasi a testimoniare la sua natura intrinsecamente refrattaria a ogni tentativo di delimitazione concettuale definitiva.
Riferimenti utili
Il podcast offre un percorso esclusivo e rigoroso alla scoperta del lusso, ma per chi desidera un accompagnamento più diretto e personalizzato, Valeria Torchio mette a disposizione la propria esperienza pluridecennale attraverso servizi formativi, strategici e operativi di eccellenza. Per approfondimenti, si consiglia di prendere visione della seguente pagina: I servizi di Valeria Torchio.
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