Episodio 1
Introduzione al concetto di lusso: la sua concezione, il suo significato e le sue funzioni
Il concetto di lusso ha subìto un'evoluzione storica complessa, manifestandosi in forme e interpretazioni mutevoli nel corso del tempo. Nonostante la sua variabilità, il nucleo dell'idea di lusso rimane costante: la ricerca di beni ed esperienze che superino i requisiti essenziali e che vadano a soddisfare gli impulsi individuali più profondi ed elevati.
Il lusso non può essere ridotto a una semplice etichetta semantica, né a una creazione artificiale priva di radici profonde. Esso rappresenta, al contrario, un concetto intrinsecamente complesso, che affonda le sue radici tanto nella sociologia quanto nella psicologia, e che costituisce un elemento fondamentale della cultura umana sin dai suoi albori. Più che un mestiere o una competenza tecnica, il lusso si configura come una visione globale e multidimensionale del mondo, capace di orientare la comprensione dei cultori, la scelta dei clienti, la stratificazione sociale, l’andamento dell’economia, un modo di vivere e di percepire la vita, la gestione delle marche e la conduzione delle imprese.
Il lusso non si inscrive semplicemente entro la storia: esso è storia e, al tempo stesso, ha una sua storia, fatta di trasformazioni e di significati profondamente intrecciati con le dinamiche culturali e sociali dell’umanità.
Stefano Zecchi, nel suo trattato “Il lusso. Eterno desiderio di voluttà e bellezza”, definisce il lusso come uno stile culturale, proprio di chi padroneggia le regole dell’estetica e del gusto, indipendentemente dal possesso materiale. Paradossalmente, questo stile non è favorito dall’abbondanza di ricchezza, ma spesso compromesso da essa. Il lusso, infatti, non si riduce a una dimensione quantificabile o misurabile in termini di denaro: la sua essenza sfugge al mero calcolo e si oppone al desiderio di ostentazione.
Il lusso si distingue con chiarezza da tutto ciò che genera dipendenza o assuefazione. Qualsiasi elemento che sottometta l’individuo a un vincolo, sia esso materiale o psicologico, non può più essere definito lusso, ma diviene piuttosto una forma di costrizione, una perdita di libertà. Allo stesso modo, il lusso perde la propria essenza quando si riduce a mera ostentazione, trasformandosi in un’esibizione sterile e priva di reale profondità.
Nella sua forma più autentica, il lusso è espressione di raffinatezza e gusto elevato, un’eleganza che va oltre la superficie e si radica in una comunicazione sottile e significativa. Non si manifesta attraverso proclami vistosi, ma attraverso un linguaggio discreto che trasmette valori, sensibilità e aspirazioni. Esso non si limita alla dimensione del "possesso", ma si eleva verso quella dell’"essere", dove trova la sua vera natura.
In tale prospettiva, il lusso diviene un’esperienza che arricchisce, sia interiormente, sia in relazione agli altri. Per sé stessi, incarna la realizzazione di sogni e ideali che vadano a riflettere la propria visione di bellezza e autenticità. Per gli altri, rappresenta un segnale di riconoscimento e stima, fondato non sull’accumulazione di beni, ma sulla qualità e sul significato di quello che si comunica.
Nella modernità, dominata dall’utilità e dalla funzionalità, il lusso è frequentemente frainteso, associato alla semplice opulenza o all’accumulazione di oggetti costosi. La bellezza, confusa con il gusto e talvolta con il cattivo gusto, perde la sua profondità, e il lusso diviene sinonimo di comfort e ricchezza materiale. In realtà, il vero lusso si configura come una forma di elevazione spirituale, un’esperienza di vita guidata dalla bellezza intesa come principio fondamentale. Tale apprezzamento, richiede un’educazione estetica che consenta di superare la banalità della produttività materiale, connettendo il lusso a una profonda comprensione culturale e artistica.
Il lusso rappresenta un ideale che trascende la praticità, esprimendo valori che conferiscono significato e profondità all’esistenza. Quando si riduce a uno strumento di vanità o ostentazione, perde il suo significato autentico, scadendo nella mediocrità e nella superficialità. Questo degrado ha spesso alimentato condanne moralistiche, che lo hanno tacciato di inutilità.
La critica moralistica, però, si limita a liquidare il lusso senza affrontarne le complessità concettuali. È nell’ambito dell’estetica che si può comprendere il suo significato più profondo: il lusso celebra l’eccellenza, l’invenzione e la capacità di trascendere l’ordinario, tracciando una chiara linea di demarcazione rispetto alla mediocrità. Questa eccellenza, che si disconnette dall’utilità e dall’essenziale, viene talvolta considerata in contrapposizione ai valori fondamentali che guidano il progresso della società. In ogni epoca, il lusso ha rappresentato un elemento di scandalo di fronte alla miseria, poiché associato a ozio e voluttà. La cultura occidentale, in particolare, ha eretto barriere morali per contenere i “pericoli” che esso potrebbe rappresentare per una condotta di vita virtuosa. Eppure, il lusso testimonia un bisogno umano profondo, quello di superare il necessario, spingendo verso l’ideale del perenne desiderio di bellezza e raffinatezza, nonostante le regole morali imposte dal pensiero dominante.
Parlando della sua etimologia, l’etimologia della parola "lusso" suggerisce connotazioni differenti e contraddittorie. "Lusso" deriva dal latino “lux”, che significa luce, e quindi allude a ciò che illumina, che rende visibile e comprensibile, razionalmente evidente, sia sul piano della logica che su quello dell'etica e dell'estetica. Questo termine evoca tutto l'universo del bello, del gusto e dello stile.
Tuttavia, "lusso" riconduce anche a “luxuria”, che indica eccesso, esagerazione, oppure a “luxus”, termine che, nella sua origine indoeuropea, denota deviazione, rottura, lussazione. Già nell’etimologia si rintracciano i significati divergenti del concetto di lusso.
Da un lato, esso rappresenta la luce, indispensabile per chiarire il senso del mondo, e quindi un valore culturale fondamentale. Dall'altro lato, è il superfluo, l'inutile, l'eccesso e la deviazione. In entrambi i casi, il lusso ci testimonia qualcosa di eccezionale (sia nel bene che nel male), fuori dal comune, il cui valore non è quantificabile né misurabile oggettivamente. Esso può essere il frutto di un'eccellenza creativa o di un sentimento nobile, ma può anche rappresentare la trivialità e la degenerazione dei costumi.
Questo dualismo intrinseco al concetto di lusso ne rivela la complessità. Esso non è soltanto una manifestazione della bellezza materiale, ma una dimensione dell'esistenza che può illuminare la vita con una bellezza rara e sublime, elevando l'animo umano. Al contempo, il lusso può scivolare nell'eccesso, nell'esibizionismo privo di sostanza, trasformandosi in una mera degenerazione estetica. Tale dualismo è regolato solo ed esclusivamente da coloro che si interfacciano col lusso: solo i cultori possono accedere al vero lusso, quindi alla bellezza e all’elevazione insita in esperienze ma anche in oggetti. Al di fuori degli intenditori, chi se ne "appropria" in automatico conduce il lusso verso la volgarità, l’opulenza, l’eccesso e l’esibizionismo tramutandolo nel suo surrogato.
Passiamo ora ad un quesito al quale è difficile dare una risposta: a cosa serve il lusso? Nel dibattito intorno alla natura del lusso, si tende a stigmatizzarlo come superfluo, riflettendo una prospettiva che privilegia la funzionalità e l'essenzialità nella gerarchia dei valori della nostra esistenza. La questione cruciale che emerge è dunque: «Qual è la funzione del lusso?» Una risposta apparentemente immediata sarebbe «Nessuna». Eppure, tale conclusione si rivela assai meno evidente se si estende il medesimo interrogativo al dominio dell'arte. Nonostante l'arte possa essere percepita come un ambito privo di una funzione determinata, il lusso, a differenza di quest'ultima, suscita inevitabilmente riflessioni di ordine morale o moralistico, intrecciandosi con temi complessi quali l'economia, la religione, la politica e le dinamiche sociali. Il lusso, pertanto, si configura come un fenomeno intriso di significati che travalicano la sua apparente inutilità, alimentando un discorso ben più ampio e articolato.
Quando si affronta il tema del lusso in maniera superficiale, esso appare sovente sotto una luce scandalosa, quasi fosse un eccesso ingiustificabile. Tuttavia, sia il lusso che l'arte rappresentano espressioni della bellezza, la quale, per sua stessa natura, è priva di una funzione pratica immediata. Ed è proprio in questa assenza di utilità tangibile che si rivela il suo valore più profondo, poiché la bellezza illumina il senso stesso dell'esistenza. Una citazione tratta dai Demoni di Dostoevskij offre una chiave interpretativa di grande suggestione: «L'umanità può vivere senza scienza, può sopravvivere persino senza pane, ma senza bellezza non potrebbe sopravvivere, poiché nulla rimarrebbe a dare significato al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia si condensa in questo concetto». Questo passaggio rivela come la bellezza – e con essa il lusso – abbia una funzione esistenziale, più che utilitaristica.
La relazione tra lusso e tempo aggiunge un ulteriore livello di complessità a questa riflessione. Se ci si limita a interpretare il lusso attraverso i parametri dell’efficienza, della quantità o dell’utilità, esso appare futile. Tuttavia, il lusso ha la capacità di liberare il tempo dall’angoscia legata alla produttività incessante, trasformandolo in un’occasione di abbandono e distacco. Questo stato di quiete favorisce la serenità e ci sottrae, almeno temporaneamente, all’alienazione imposta dal ritmo frenetico della vita materiale. È naturale che si possa obiettare che una tale concezione del lusso sia appannaggio esclusivo di chi possiede cospicue ricchezze. Tuttavia, questa critica è ingannevole, poiché implica una relazione imprescindibile tra lusso e denaro, una connessione che, pur essendo reale, non è ontologicamente necessaria.
Ridurre il lusso a un epifenomeno della ricchezza materiale significherebbe svuotarlo del suo autentico significato, riducendolo a un fenomeno transitorio e privo di valore intrinseco. Se così fosse, non ci sarebbe necessità di tanto sforzo intellettuale: non si renderebbero necessari fior fior di saggi, trattati, corsi accademici e dibattiti volti a definirlo e a comprenderlo. In tal caso, infatti, non si giustificherebbero il tempo e le energie dedicati alla ricerca della sua definizione, né tanto meno l’interesse che ha suscitato per decenni nel pensiero filosofico, in quello sociologico e in quello economico. In realtà, il lusso autentico non si misura unicamente in termini di disponibilità economica (anzi, tale aspetto è secondario), ma nella capacità di creare spazi e momenti in cui l’essere umano può riscoprire il piacere della bellezza e il senso di elevazione dall’ordinario allo straordinario. È in questa dimensione che il lusso si sottrae alla logica utilitaristica e assume una valenza profondamente umana e universale.
Quanto finora esposto, si riferisce alla dimensione più intima e sublime del lusso, ossia alla sua funzione personale, considerata la più elevata tra le molteplici sfaccettature che esso può assumere. È una funzione imprescindibile, senza la quale il concetto stesso di lusso perderebbe la propria essenza. Tuttavia, per poter legittimamente parlare di lusso, tale dimensione personale deve necessariamente coesistere con la sua funzione sociale, poiché è proprio questa sinergia che conferisce al lusso la sua autenticità e la sua rilevanza. In mancanza di questa compresenza, ci si limiterebbe a descrivere un fenomeno privo della capacità di influenzare e definire le gerarchie e le dinamiche della collettività.
Il concetto di lusso, nella sua essenza più profonda, assolve a una funzione sociale ben precisa: quella di ristabilire la stratificazione e il divario tra gli individui, un ordine gerarchico che la democratizzazione ha progressivamente eroso. Sebbene gli uomini nascano tutti uguali, essi si differenziano nel corso della loro esistenza attraverso il lavoro, il talento, l’impegno, lo studio e la qualità delle relazioni sociali. È lungo questo cammino che alcuni raggiungono traguardi di successo e fama, mentre altri non riescono a elevarsi oltre una condizione ordinaria. Il lusso si manifesta così come l’espressione tangibile di questi risultati, un simbolo che testimonia il compimento di obiettivi esclusivi accessibili solo a pochi.
Oggi il lusso si presenta come una conseguenza di una meritocrazia che celebra il successo individuale, ma non è sempre stato così. Un tempo, esso era appannaggio esclusivo di una ristretta élite che ne godeva per diritto di nascita, sancito dal volere divino. Imperatori, sovrani e nobili, incarnavano un sistema che vedeva il lusso non come frutto di sforzi personali, ma come simbolo di una superiorità innata e inalienabile.
Tale esclusività era rigidamente tutelata dalle leggi suntuarie, norme che impedivano alle classi inferiori di imitare l’aspetto e i comportamenti delle élite. I suddetti regolamenti non permettevano, ad esempio, di vestirsi da nobili senza esserlo, preservando una coerenza visiva con la condizione sociale. Tuttavia, con il progredire della storia e l’affermarsi dei diritti umani e civili, tali barriere formali sono state smantellate. Nonostante ciò, il desiderio di distinguersi, di salire su un piedistallo più alto rispetto agli altri, non si è mai estinto. Se corone e medaglie hanno perso il loro ruolo simbolico, nuovi segni distintivi hanno preso il loro posto: borse di lusso, orologi di pregio, automobili esclusive, abiti di alta moda, cene in ristoranti stellati e soggiorni in hotel prestigiosi. Tutti questi beni ed esperienze, immediatamente riconoscibili per il loro elevato valore, assolvono oggi la medesima funzione.
In ultima analisi, la funzione ontologica del lusso rimane inalterata: esso continua a definire gerarchie e distanze sociali, soddisfacendo quel bisogno umano di ordinare il mondo e dare significato al proprio ruolo all’interno della piramide sociale. In un certo senso, esso risponde anche a un’esigenza di stabilità. La troppa libertà, infatti, genera ansia, e il lusso, ridefinendo una gerarchia simbolica, rassicura e orienta, stimolando negli altri il desiderio di emulare chi sta al vertice.
Un altro aspetto fondamentale del lusso è la sua capacità di alimentare il desiderio attraverso la notorietà e il riconoscimento globale. Ogni bene o esperienza di lusso comunica un messaggio a un pubblico che ne comprende il valore intrinseco. La distanza tra coloro che conoscono il lusso e coloro che possono permetterselo è il motore che alimenta il sogno. In questo caso, assistiamo al dualismo inclusione – esclusione, caro al cosiddetto fenomeno dell’”equazione del sogno”.
La funzione sociale del lusso, lungi dall’essere assimilabile a una forma di ostentazione, si configura come un prolungamento naturale e ineluttabile della sua dimensione personale. Nel lusso, il possesso o il godimento di un bene di prestigio, così come la partecipazione a un’esperienza esclusiva, si radicano primariamente in una dimensione intima: il lusso nasce e si manifesta innanzitutto come una gratificazione personale, una celebrazione di sé stessi che risponde a esigenze profonde e autentiche dell’individuo.
Tuttavia, in virtù della natura stessa del lusso – che per sua definizione abbraccia beni e momenti visibili, tangibili e condivisibili –, la dimensione sociale emerge inevitabilmente come una conseguenza naturale e spontanea di quella personale. Quando un individuo indossa un bene di elevato pregio o vive un’esperienza esclusiva, si attiva in maniera intrinseca un processo di differenziazione sociale: si crea un divario immediatamente percepibile tra coloro che possono accedere a tali beni o esperienze e coloro che, invece, ne sono esclusi. Questa funzione sociale non è, tuttavia, né intenzionalmente costruita né artificiosamente voluta; al contrario, essa si manifesta come una proiezione inevitabile del lusso vissuto nella sua autenticità.
Nel lusso, pertanto, è essenziale che coesistano armoniosamente sia la dimensione individuale sia, per estensione naturale, quella sociale. La dimensione sociale, lungi dall’essere "costruita a tavolino", rappresenta il riflesso esteriore di un’intima soddisfazione personale. Non è il fine ultimo, ma una conseguenza implicita e inevitabile. Questo è particolarmente evidente nel caso dei beni di lusso che vengono indossati - come abiti, scarpe, gioielli, orologi e borse – o delle esperienze che richiedono una fruizione pubblica. Tali manifestazioni del lusso, per loro stessa natura, presuppongono visibilità, e questa visibilità attiva, senza forzature, la dimensione sociale. Non si può, tuttavia, parlare di lusso qualora esista solo ed esclusivamente la dimensione sociale.
Se il lusso venisse ridotto alla sola funzione sociale, perderebbe infatti la sua autenticità e si trasformerebbe in un surrogato del lusso, una sua controparte artificiosa e priva di valore intrinseco (argomento la cui trattazione avverrà nella parte dedicata proprio al surrogato del lusso). Questo accade quando un bene e un’esperienza vengono acquisiti non per il piacere personale o per rispondere a un desiderio autentico, ma esclusivamente per impressionare gli altri e per suscitare invidia (non ammirazione). In tali circostanze, la funzione sociale non è più una naturale conseguenza della dimensione personale, bensì un costrutto artificioso, un’ostentazione deliberata che svuota il lusso del suo significato originario.
È cruciale comprendere che la sola funzione sociale, scollegata da quella personale, scivola irrimediabilmente nella sfera dell’ostentazione. Lusso e ostentazione, infatti, sono due concetti diametralmente opposti e incompatibili: dove vi è ostentazione, non può esserci lusso, e laddove c’è il lusso, non vi è traccia di ostentazione. Il lusso autentico è innanzitutto un atto di amore e riconoscimento verso sé stessi: un moto che parte dall’interno (dimensione personale) per poi dirigersi in modo naturale verso l’esterno (dimensione sociale); l’ostentazione, al contrario, è un esercizio di apparenza rivolto esclusivamente e intenzionalmente verso l’esterno.
Dunque, il lusso si fonda su un delicato equilibrio tra la dimensione personale e quella sociale, dove la prima rappresenta la radice e il cuore pulsante, mentre la seconda, inevitabile e spontanea, ne è il riflesso naturale. Solo in questa armonia si può parlare di vero lusso, lontano dalle dinamiche artefatte dell’ostentazione.
Il lusso, anche nel caso delle sue funzionalità, si inserisce in una complessa dialettica che ne definisce la natura ambivalente. Da un lato, la sua fruizione risponde a un’esigenza di elevazione dell’individuo, fornendo un piacere estetico e sensoriale che trascende la mera utilità pratica, delineandosi come un’esperienza che sfida la razionalità utilitaristica. Dall’altro, però, sotto il profilo economico, la sua produzione riveste una funzione cardinale nell’economia globale, fungendo da propulsore di sviluppo e generando opportunità di lavoro.
Tuttavia, anche la creazione e il consolidamento di una marca di lusso non sfuggono alle contraddizioni intrinseche al fenomeno stesso. Come ha sapientemente osservato Stefano Zecchi, "La costruzione di una marca di lusso richiede un'alchimia combinatoria tra contraddittorie visioni del mondo: si tratta di conciliare le esigenze economiche, che consentono di essere competitivi sul mercato, con un'idea anti-economicistica (non basata sul profitto) propria del lusso, con il rifiuto di sostenere sul piano pubblicitario l'idea che il prodotto rappresenti una necessità per la gente. Proprio al contrario, la marca di lusso deve riuscire a comunicare il fascino utopico di una bellezza non misurabile, non calcolabile, non commercializzabile."
In questo gioco dialettico, il lusso è quindi tra virgolette “inutile” dal punto di vista della fruizione ma utile dal punto di vista economico. La marca di lusso, per definizione, si oppone alla banalità della produzione industriale, eppure essa non può esimersi dal confrontarsi con le leggi del mercato. Anche se agli antipodi rispetto a quelle che regolano altri settori, trattasi pur sempre di regole che hanno a che vedere con il mercato.
Epilogo dell'episodio
Siamo giunti all’epilogo di tale episodio, nel corso del quale abbiamo sondato le profondità concettuali del lusso, attraversandone le origini semantiche, le metamorfosi storiche e le contraddizioni intrinseche.
Pur consapevole dell’impossibilità di fornire una definizione definitiva e universale, ritengo opportuno, in chiusura, individuare alcune caratteristiche che identificano il lusso autentico e che trascendono le barriere geografiche, temporali e culturali. Tali tratti distintivi costituiscono l’essenza stessa del lusso e ne conferiscono la sua unicità universale.
In primo luogo, il lusso è un fenomeno intrinsecamente culturale, poiché contribuisce alla costruzione di una narrazione condivisa che riflette valori, aspirazioni ed eccellenze. Non si limita a soddisfare un bisogno materiale, ma ingloba una finalità culturale, arricchendo l’esperienza umana attraverso la bellezza, l’eccellenza e la trascendenza. Esso rappresenta un territorio in cui l’essere umano esplora e celebra i vertici della creatività e dell’arte, offrendo un ponte tra la dimensione materiale e quella immateriale.
Un’altra caratteristica fondamentale del lusso è la sua capacità di alimentare il sogno e l’aspirazione. Esso consente agli individui di proiettarsi in un futuro migliore, ispirandoli attraverso ideali di bellezza, raffinatezza e unicità. Tale aspetto riveste una funzione sociale fondamentale: il lusso, vissuto con consapevolezza, diventa una fonte di ispirazione capace di influenzare positivamente la società nel suo complesso, incanalando energie creative verso un miglioramento collettivo.
Inoltre, il lusso è una forma d’arte. Ogni bene o esperienza che rientra in questo ambito porta con sé l’essenza dell’arte, sia come elemento intrinseco sia come componente strategica delle aziende operanti nel settore. Beni, prodotti, servizi e ogni altra espressione del lusso, si intrecciano con il linguaggio dell’arte, creando esperienze che trascendono il semplice consumo.
Un punto fondamentale da ribadire è la distinzione tra lusso e ricchezza. Questi due concetti, sovente confusi, sono profondamente diversi. La ricchezza si limita a rappresentare un accumulo di beni materiali o potere d’acquisto, mentre il lusso incarna valori di esclusività, significato culturale e ricerca estetica. Laddove la ricchezza è quantitativa, il lusso è qualitativo; laddove la ricchezza può essere ostentata, il lusso rifiuta l’ostentazione.
Il lusso si erge a promotore di un circolo virtuoso in cui tradizione e innovazione dialogano in armonia. Esso non solo conserva e protegge, ma reinventa e amplifica, restituendo dignità e rilevanza a mestieri e territori che, senza il suo intervento, rischierebbero di essere trascurati. In tal senso, il lusso non si limita a creare valore economico, ma diviene strumento di valorizzazione culturale e sociale, contribuendo a una visione del progresso che non rinnega il passato, ma lo abbraccia come fondamento per costruire un futuro più ricco di significato e bellezza.
Infine, il lusso assolve a una funzione sociale di ordine e regolazione. In un mondo altrimenti governato dal caos e dall’“anarchia” sociale, esso ristabilisce le gerarchie e contribuisce a una forma di equilibrio che non è mera diseguaglianza, ma un riconoscimento di meriti. Questa funzione, sottolinea il ruolo del lusso come fattore di coesione culturale e come veicolo di ordine sociale.
In definitiva, il vero lusso non risiede nell’accumulo ostentato né nella ridondanza dei simulacri dell’opulenza, ma si annida silenziosamente negli interstizi della discrezione, della rarità autentica, del tempo riconquistato e dell’intelligenza applicata al vivere. Esso si sottrae alla volgarità del clamore, aborrisce l’uniformità dell’omologazione e rifugge dall’isteria dell’apparire.
Piuttosto che demonizzarlo come un semplice privilegio o segno di disparità, dovremmo sforzarci di comprenderne la complessità e di guidarne l’evoluzione verso un futuro in cui estetica ed elevazione convivano armoniosamente. Il lusso, nella sua espressione più autentica, incarna una manifestazione dell’eccellenza umana, capace di ispirare e di contribuire a un progresso che valorizzi la bellezza, l’arte, la cultura e il sogno.
Solo chi ha saputo liberarsi dalle catene del consumo spettacolarizzato, chi ha affinato lo sguardo per riconoscere l’invisibile nell’apparente, potrà cogliere la verità sottile che permea il concetto di lusso: esso non è ciò che abbaglia, ma ciò che resta. Non è quello che tutti possono desiderare, ma quello che pochi sono in grado di comprendere.
Così, mentre il mondo si affanna a idolatrare l’effimero, il lusso autentico continua a sussurrare all’orecchio di chi ancora sa ascoltare. E in quel sussurro, vi è tutta la differenza tra l’oro e il luccichio.
Riferimenti utili
Il podcast offre un percorso esclusivo e rigoroso alla scoperta del lusso, ma per chi desidera un accompagnamento più diretto e personalizzato, Valeria Torchio mette a disposizione la propria esperienza pluridecennale attraverso servizi formativi, strategici e operativi di eccellenza. Per approfondimenti, si consiglia di prendere visione della seguente pagina: I servizi di Valeria Torchio.
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